Mi chiamo Ahmed e faccio il cammelliere. Sono una persona semplice, sempre stato in realtà. Lo so perché quando stiamo con i turisti i miei compagni parlano con loro in tutte le lingue possibili, ridono, scherzano, si fanno dentro nel gruppo. Io no, sto per conto mio. Non che non mi interessi, anzi, ma proprio non riesco a starci dietro, a buttarmi, non mi va di fare il folletto davanti a tutti. E poi c’è sempre parecchio da fare, i cammelli sono gli animali più buoni del mondo, ma se te ne scappa uno poi devi scarpinare su e giù per le dune tutta la notte per ritrovalo. Così me ne sto là accucciato o sdraiato su un fianco sulla sabbia, un po’ in disparte, e guardo. Ascolto, osservo. Non che capisca tutto, anche per il problema della lingua, i discorsi poi li capisco proprio pochino. Però andando un po’ a senso, dai gesti, dalle espressioni, riesco a leggere un po’ nel cuore delle persone e anche nel cuore dei gruppi. Sì perché ogni gruppo mi sembra proprio che un cuore ce l’abbia anche lui.
Ieri nel tardo pomeriggio sono arrivati gli ultimi, un po’ alla spicciolata, in cima alla duna. Erano un po’ provati perché avevano fatto un pezzettino a piedi, forse meno di mezza giornata, ma per loro era tanto, e ho visto subito che non avevano tanta voglia di scherzare. Era evidente che erano sgorgati da poco da uno di quei posti tutti affollati e pieni di grattacieli giganteschi, dove tutto è grigio e puzza di gas. Era il loro primo giorno all’aperto, bisognava lasciargli un po’ di tempo per acclimatarsi ai nostri spazi un po’ più umani. Però erano diversi. Non era solo la stanchezza del viaggio. Erano vestiti in modo semplice e alcuni avevano anche imparato a annodarsi il turbante. Avevano delle facce abbastanza rilassate, non quelle maschere austere che ti viene da dire “però” solo a guardarle da tanto sono tese. Quando sono arrivati in cima alla duna, invece che precipitarsi di sotto a scoprire l’accampamento, si sono seduti là sul ricciolo della sabbia a guardare l’orizzonte, il sole che tramontava, i cammelli che pascolavano liberi fra i ciuffi d’erba. Si parlavano a voce un po’ bassa, come se fossero abituati a stare insieme. Uno un po’ piccoletto ha fatto delle foto, sembrava che volesse fermare quell’istante, la luce calda e avvolgente delle nostre sere di ottobre. Poi hanno giocucchiato un po’ con i bambini che erano venuti dal villaggio vicino per togliersi la curiosità. E quando il sole è tramontato sono scesi giù.
E là ho veramente capito che era gente un po’ particolare. Invece che sedersi a tavola su delle sedie da campo come fanno di solito, perché per loro è molto più comodo, si sono tolti le scarpe chiuse, si sono accucciati coi calzini su un grande tappeto coperto da cuscini e hanno acceso tre candele in mezzo. Non era ancora buio, ma le candele le hanno accese lo stesso. Tutto con una grande calma, un po’ come faremmo noi. Poi quella che chiaramente era la loro guida ha parlato un po’ con Mohammed il vivandiere e lui è andato sotto la tenda della cucina. Dopo un po’, proprio quando il cielo si faceva violetto, ne è uscito con un vassoio pieno di bicchierini e la grande teiera di metallo fumante e, inginocchiato per terra, ha servito a ciascuno il suo bel bicchiere di tè alla menta bollente. Sorridevano.
(1 – continua)
Alvise – 23 novembre 2011
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Tutti udirono quella voce, nessuno si scompose continuando a sorseggiare il tè versato una seconda volta dal vivandiere. Sotto quel cielo notturno prodigo di stelle si avvertiva una vigile attesa di un contatto da Ahmed.
Lo svolgersi di quell’incontro sembrava, per il modo in cui l’uno si rivolgeva all’altro nella luce dorata delle tre candele che sfiorava i loro volti, precludere a qualcosa di indefinibile e nello stesso tempo concreto. In quello spazio sconfinato una voce si levò e come un’eco si udì: Ahmed, Ahmed dove sei?
Ciò che udì la donna furono suoni di campana regolari e della stessa intensità che mano a mano formarono due parole: “non ordinario”. Questo fu tutto, dopodiché Alì si raddrizzò sulle zampe e con passo lento e sinuoso si diresse verso gli altri cammelli mentre la donna continuò a partecipare assieme ai suoi compagni di viaggio a quella che sembrava essere la “cerimonia del tè” nel deserto!
Mentre sorseggiavano il tè, in quel silenzio pieno e vuoto che annunciava l’avvicinarsi della sera, in quella atmosfera di luce e ombra che sembrava rendere immobile il tempo, pensieri nuovi si affacciavano alla mente di una giovane donna. I suoi lineamenti mediterranei sembravano darle un’identità , ma il suo vero volto si manifestava nei semplici gesti, nella voce che sembrava provenire da luoghi lontani e sconosciuti, nello sguardo che sembrava cogliere sfumature intime delle persone intorno a lei. Non le era sfuggito il colore dell’animo del silenzioso cammelliere, ma non si mosse, non era ancora “il tempo”… Il cammello, che non sembrava interessato in quel momento al gruppo, le si avvicinò e le sussurrò qualcosa all’orecchio!!
Com’è stato l’inverno nel deserto al gruppo che stava per bere il tè?
Sono curiosa di conoscere il seguito di questo bel racconto, anche se questo gruppo di liberi viaggiatori mi suona familiare. Rimango in attesa…
L’aroma del tè, caldo e avvolgente si diffonde nell’aria della sera, portando con sé il fresco pungente della menta: colgo in questo profumo antico un inspiegabile nuovo, qualcosa di indefinibile eppure forte.
Grazie Alvise per questa prima parte del tuo racconto!
Volevo solo aggiungere che “il piccolo gruppo di nuovi arrivati non aveva attirato solamente l’attenzione di Ahmed e dei bambini del villaggio; incuriosito dalla cerimonia del tè si era avvicinato, staccandosi dal suo gruppo, addirittura un cammello!
Il suo nome di battesimo (conferitogli dai suoi genitori) era Alì.
Alì era da un pò che si sporgeva, quasi a volersi allungare, con il muso e le orecchie, come per cercare di vedere o udire meglio ciò che si stava svolgendo davanti a lui.
Nessuno di quegli uomini parlava o si muoveva eppure si percepiva una grande armonia e comunione tra di loro in quel profondo silenzio che era anche unico suono.
Alì però non era passato inosservato ad alcuno dei presenti così che uno di loro si alzò andando lentamente incontro al cammello.
Una lieve brezza si era alzata; il sole era ormai tramontato e la luna illuminava i due esseri.
A quel punto l’uomo accarezzò il muso peloso di Alì. La tenerezza di quel gesto fu tanta che non potè non arrivare fino al cuore di Alì il quale si ricordò come, fino ad allora, era stato benvoluto ed amato anche dal cammelliere Ahmed. In quel silenzio, nello spazio di un attimo, i due essere compresero intuitivamente ciò che li avvicinava.”