Getto un sasso nello stagno cioè butto giù alcuni pensieri con lo scopo di stimolare riflessioni e discussioni.
La prima domanda è cosa hanno in comune yoga e arrampicata? Non voglio ora dare una risposta definitiva; vorrei trovarla cammin facendo, posso solo dire che in comune queste due discipline hanno un corpo che esegue movimenti e respira, una mente che guida il corpo e gestisce emozioni e pensieri.
Nelle due discipline è implicita, spesso esplicita, l’ascesa verso l’alto, ma si possono praticare anche solo per gonfiare l’ego, spesso già ipertrofico. Molto sta nel comprendere e nell’applicare la giusta motivazione; all’inizio non è facile perché essa può non essere chiara. Spesso si inizia con un motivazione che un po’ alla volta muta, si purifica. In questa fase è molto importante il confronto con altre persone, con il maestro. E’ un percorso che crea chiarezza e può spostare il punto di partenza dall’ego fatto di mille maschere, ad un io più centrale, più stabile.
Molto passa attraverso le domande: chi sta facendo yoga? Chi sta arrampicando? Perché? Per chi? In che modo? Se si agisce da un punto centrale si percepisce la differenza e anche chi osserva la nota. Fare yoga e arrampicare partendo dal centro.
Flavio
praticare lo yoga e poterlo insegnare è per me attraversare un territorio vasto e sorprendente, quello del mio essere che incrocia il mondo dell’altro.L’attenzione decondizionata, i sensi vigili e la pienezza della consapevolezza,la mente attenta che spazia oltre se stessa ,rappresentano un percorso senza pari, terapeutico e di crescita,antico e per questo sacro,( quando le cose si protraggono ne tempo vuol dire che custodiscono un fondo prezioso di verità ).Ho provato l’arrampicata e credo sia stata una esperienza straordinaria che mette a frutto la disciplina praticata e soprattutto la meditazione nel movimento, la percezione del corpo che si adatta e tenta una fusione con un elemento maestoso in verticale, la sfida alla gravità e la percezione della forza sviluppata con le tecniche, soprattutto la volontà e poi infine il senso di libertà e commozione nel contatto con una natura ardua e meravigliosa hanno aggiunto un tassello prezioso alla mia esperienza di vita.Credo che continuerà l’esperienza della montagna, una passione che cresce di giorno in giorno.
“… la percezione del corpo che si adatta e tenta una fusione con un elemento maestoso …” Ieri arrampicando ho provato, su un passaggio al mio limite, una sorta di abbandono al movimento che non ero io a decidere, ma mi veniva chiesto dalla conformazione della roccia. C’era naturalezza, leggerezza, bellezza. Oggi durante la seduta di yoga ho sperimentato veramente per la prima volta l’abbandono totale alle posizioni rimanendo meravigliato, quasi impaurito, dal senso di naturalezza. Cose nate con me, ma che non sono abituato a riconoscere. E’ la bellezza di un percorso di autoconoscenza.
Yoga: Unione con se stesso, con il proprio respiro, con il proprio corpo; entrare “dentro” per riflettere “fuori”. Arrampicata: nella mia breve esperienza di arrampicata ho provato attimi di unione intima con la Montagna, di contatto ravvicinato, di corpo a corpo, che ha messo a fuoco nell’istante chi ero dentro, la mia forza e la mia paura. Nello stesso tempo la Montagna (il fuori) mi si è rivelata per quello che è, vera, modificando l’immagine proiettata su di essa.
Non ho mai arrampicato ma ho immaginato di farlo ed ho sentito che anche lì si può vivere ed esprimere integralmente quel senso di armonia e di leggerezza che si sperimenta praticando lo yoga.
Mi piace pensare che lo yoga sia un centro da cui si irradia quella consapevolezza che giorno dopo giorno permea ogni attività del nostro quotidiano: l’arrampicata, il lavoro, la famiglia, ed ogni più piccola o apparentemente modesta azione o vissuto.
Vorrei aggiungere una considerazione a Fiordaliso che scrive: “… Se il corpo fa una cosa e la mente un’altra, non mi sento leggera, non avverto armonia e ogni piccolo imprevisto diventa un grande disturbo.”
Ieri arrampicavo leggero e concentrato; ad un certo punto è entrato un pensiero. Sono riuscito a gestirlo, ascoltandolo, ma non agendo il contenuto che portava. Ho percepito che oltre un contenuto il pensiero si accompagnava ad un tipo di vibrazione diversa, più greve, da quella che stavo vivendo in quel momento. Era. la prima volta che percepivo l’interferenza del pensiero come cambio di vibrazione, come disarmonia. La cosa importante però è stato di riuscire a lasciare un breve spazio all’interferenza senza lasciare che diventasse un disturbo e modificasse completamente la vibrazione.
In modo molto istintivo io ho commentato:”vivere partendo dal centro”, ma quante volte ci ricordiamo di noi stessi? Quante volte nelle piccole cose che facciamo quotidianamente “partiamo dal centro”? Non posso parlare per lo yoga, io non lo pratico ma per me l’arrampicata è una disciplina che mi consente di “vedermi, osservarmi, sentire dove sono”mentre mi muovo sulla roccia.Se il corpo fa una cosa e la mente un’altra, non mi sento leggera,non avverto armonia e ogni piccolo imprevisto diventa un grande disturbo. Agendo da un punto centrale corpo e mente sono in sintonia, ne percepisco l’unità . Sono due alleati che agiscono per una motivazione comune.L’intenzione è chiara. Tu chiedi chi sta arrampicando? chi sta facendo yoga? In risposta faccio un’altra domanda che forse sta a monte: “chi sono io”? spero di aver lanciato un altro sassolino…………..attendo che qualcuno lo raccolga…………..
Vivere partendo dal centro.
Non posso entrare nel merito del confronto con l’arrampicata perchè non pratico questa disciplina, ma con lo yoga ho sperimentato la differenza tra fare yoga e farlo “partendo dal centro” come dice Flavio: sembra quasi che la centratura conferisca alla seduta una sorta di ordine, in cui abbandoniamo molte delle distrazioni con cui riempiamo le nostre azioni. In questi momenti la strada diventa chiara, lineare, direi quasi fluida. Forse partire dal centro ci permette di ampliare la visuale cogliendo aspetti sottili che solitamente sfuggono