La giornata è stata lunga. C’è un po’ di fatica, ma ciò che si sente di più è il peso dei pensieri, che come grosse nuvole grigie si sono accumulati e ora sono là, ammassati e in agguato, così desiderosi di partecipare anche loro alla nostra seduta di meditazione.
L’ordine della sala, i cuscini allineati con cura, l’aria fresca sono là per aiutarci.
Già entrare nel nostro Centro, salutare i compagni, toglierci lentamente le scarpe ci ha permesso di rallentare, di entrare in una dimensione un po’ diversa e più nostra. Ma è nel momento di sederci sul nostro cuscino e metterci a gambe incrociate per fare zazen che sentiamo la svolta.
Capiamo che per un po’ potremo dedicarci a noi stessi, impervi al tumulto della vita esterna, soli in mezzo al nostro gruppo. Sentiamo i pensieri zittirsi, il respiro farsi quieto e la mente aprirsi all’infinito. Raccogliamo la concentrazione per fare quel piccolo-grande salto verso il raccoglimento, la centratura.
E’ un momento bello e particolare, un atto di volontà verso noi stessi.
Il silenzio, l’ambiente e la ripetizione dei gesti conosciuti ci aiutano, ma da soli non bastano. Dobbiamo metterci dentro quel qualcosa in più che è nostro e solo nostro. E’ l’atto del dare che permetterà poi alla meditazione zen di aiutarci a ricevere.
Entriamo nella dimensione della gratuità. Siamo qui solo per essere qui, senza passato né futuro.
Il momento è la sua stessa ricompensa.
Entra il maestro. Inizia la seduta.
Abbiamo tutti i nostri cuscini interiori, un riferimento nostro centrale… che ci lega anche con tutti gli altri (e qualcosa di più grande)… anche quando sono fisicamente lontana dal nostro Centro Sattva, vivo l’importanza di collegarmi non solo con il mio cuscino interiore, ma anche con i vostri.
E’ quel “qualcosa in più” di intimo, personale e nello stesso tempo universale, in cui tutti gli esseri senzienti possono riconoscersi l’uno nell’altro.
Sopra le nuvole c’è sempre un sole che splende!
Respiro e concentrazione permettono di vederlo.