E’ venerdì sera e mi ritrovo a mangiare qualcosina in velocità alle sette di sera (come i tedeschi dicono alcuni, come le galline dicono altri). Io non sono né tedesca, né gallina, mangio alle sette perché alle otto ho un impegno.
Entro in una stanza, mi siedo su un cuscino blu e entro in crisi! Fatico a respirare, non riesco a deglutire, la mia pancia brontola e la schiena fa male. Sono circondata da persone che siedono come me, ma soffrono anche come me? Forse, chissà . Ad un certo punto viene letto un brano, preso da un libro zen dice il Maestro, ma a mio parere è estrapolato dal libro dei brani incomprensibili e i miei compagni parlano ed esprimono il loro pensiero, quale sia il loro pensiero? Non chiedetemelo, non capisco quasi nulla di ciò che viene detto. Ci sono opposti che si fondono, dualità che in realtà sono unità, bisogna cercare senza cercare, scovare porte che non si aprono perché non esiste nessuna chiave e alla fine non esiste nemmeno una porta (sì, lo so che non si capisce nulla di quello che ho appena scritto e quindi potete capire come mi sento dentro quella stanza!). Le persone intorno a me sembrano, invece, a loro agio: saranno mica tutti matti?? O forse il mio neurone che batte la fiacca? (mi piace paragonare il mio neurone a una cometa che fa la sua apparizione ogni 10.000 anni: beh non che il mio neurone si svegli solo ogni 10.000 anni ma quasi!).
Poi una sera, dopo la seduta, ho capito una cosa (si vede che era il momento di gloria del mio neurone!): sono come una pallina da golf finita nel bunker. La sabbia mi avvolge, a volte quasi mi soffoca ma sa anche essere protettiva e non è facile lasciarla e riprendere il cammino corretto.
Da una parte c’è un bello stagno, l’acqua è fresca e invitante, il bunker è in discesa e sarebbe così semplice lasciarsi scivolare, abbandonarsi e così niente più venerdì sera occupati, niente più silenzi in cui lottare contro mille pensieri che affrontano la mente, niente più scontri con un corpo che a volte fa male e richiama la tua attenzione, niente più disagio nel sentire discorsi e riflessioni di cui non si capisce il senso. Ma poi guardo dalla parte opposta e lo vedo. E’ là, abbastanza vicino, finita la parte sabbiosa, al di là di un piccolo gradino di terra c’è il green. Una piccola distesa di erba verdeggiante, perfettamente tagliata, soffice e profumata. E in fondo al green c’è un lungo bastone bianco, e sopra questo una piccola bandiera rossa che svolazza nella brezza leggera e in basso c’è un buco, sì è proprio un buco nel terreno ed è esattamente della mia misura (non si sono dovuti sprecare molto, sono minuta e magrolina!) E’ quella la mia meta, devo andare in buca!!!
Ed è questo pensiero che mi spinge ad andare avanti e proseguire con le sedute. Anche se mi sembra tutto incomprensibile io sento di essere sulla strada giusta!
Abbiamo tutti una meta e per ognuno è diversa e personale. Se tu sei rana tuffati nello stagno, se sei fungo crogiolati nella frescura che trovi sotto gli alberi, se sei scorpione proteggiti bene con la sabbia e se sei pallina da golf vai in buca! Lo zen non è per tutti ed è giusto che sia così. Se lasci con convinzione non sei un perdente, semplicemente hai capito che la tua strada è un’altra e lo zen non ti aiuta a percorrerla. Ma se sei perplesso perché ti sembra tutto incomprensibile e non ti ritieni all’altezza ti dico prosegui: lo zen, i Maestri e i compagni possono aiutarti a raggiungere la meta; in fondo la buca sta in basso e non c’è bisogno di essere alti per raggiungerla!
Immagine di Lotus Head from Johannesburg, Gauteng, South Africa, scaricata da commons.wikimedia.org
Sentire di essere sulla strada giusta anche se tutto sembra incomprensibile può sembrare un paradosso, ma lo Zen Rinzai propone paradossi per ….. andare in “buca”! Complimenti Ileana
E’ interessante la strategia che bisogna seguire per avvicinarsi alla buca con il minor numero possibile di tiri: all’inizio bisogna puntare alle grandi distanze, l’obiettivo non è ancora la buca bensì il green, si predilige la gittata alla precisione di dettaglio; la buca, la meta, magari non la si vede nemmeno, tanto è lontana.
Poi, una volta sul green, si vede la buca, se ne può valutare con più precisione la distanza e la forza del tiro necessaria: è il momento in cui le cose si fanno più chiare; le contraddizioni apparenti si risolvono, e basta un tocco leggero per centrare se stessi.
Andrea B.