Si può immaginare ogni asana come un viaggio: ci sono i preparativi per la partenza (fisici emotivi mentali: acquistare i biglietti, preparare le valigie, ma anche scegliere la meta, organizzare il viaggio, entusiasmarsi all’idea di incontrare persone nuove), il viaggio vero e proprio (con tutte le sue esperienze sui vari piani: camminate, spostamenti, visite, incontri, scambi, emozioni), il ritorno (accogliere le esperienze fatte, sedimentarle, integrarle, per poi proseguire nella nostra vita, un po’ diversi, un po’ più ricchi).
Così le asana. Ogni asana, infatti è costituita da: una preparazione, una fase statica, un ritorno. Ogni fase ha un significato ed uno scopo preciso e porvi l’attenzione e sperimentarlo è un processo di consapevolezza, che è ciò verso cui lo Yoga ci accompagna.
La preparazione
Ogni volta che affrontiamo una posizione, ci predisponiamo fisicamente e mentalmente alla stessa: ci ascoltiamo, rilassiamo il corpo e la mente, possiamo immaginare sinteticamente la posizione o intuirla. Quindi iniziamo, con gradualità i movimenti. Ogni passaggio, ogni spostamento è funzionale al raggiungimento della fase statica, il cuore della posizione. Per questo è importante ogni dettaglio: la posizione dei piedi, la posizione delle mani, l’allungamento della colonna vertebrale, la rotazione della testa… Eseguire i movimenti lentamente, lasciando fluire libero il respiro, ci permette di ascoltare meglio il nostro corpo, eventuali tensioni, rigidità, differenze tra la parte sinistra e destra, di fare nostra l’eleganza del gesto che è in ogni posizione, di interiorizzare tutto ciò che sperimentiamo e di predisporci ad un ascolto più profondo, più interiore, più sottile.
La fase statica
E’ il cuore della posizione, l’esperienza del viaggio dentro se stessi. Questo viaggio passa attraverso lo sperimentare tensioni, malesseri, resistenze che appariranno come fisiche, ma che hanno origine su altri piani (emotivo e mentale). Ed infatti il superamento delle tensioni su un piano sblocca anche gli altri. La fase statica rappresenta il cuore della posizione anche perché in essa si può contattare quella forza/energia che è peculiare ad ogni posizione (ad esempio il guerriero o l’albero o il ponte, inteso come elemento di collegamento). L’allungamento progressivo della fase statica, l’immobilità prolungata, ci permettono di accedere a quella dimensione interna che è senza spazio e senza tempo, perché non è condizionata da quel guscio che è il nostro corpo, né da quella morsa che sono i nostri pensieri e le nostre emozioni.
La fase di ritorno
In questa fase raccogliamo l’esperienza della fase statica portandola al cuore (è il riporre un gioiello nello scrigno), chiudendo un ciclo. E’ molto importante e richiede altrettanta concentrazione, per poter fissare ciò che è stato conseguito, evitare che si disperda e permetterci di iniziare una nuova asana. Per questo ogni asana si conclude – solitamente – nella posizione a mani giunte o a gambe incrociate. Il corpo, la mente rilassati. Pronti per un nuovo viaggio.